“Rifiuti zero” non è solo uno slogan: è una strategia, una visione, un percorso che sempre più comuni italiani hanno deciso di intraprendere per superare la logica dello smaltimento e abbracciare quella della rigenerazione. Un modello che mette il riuso al centro delle politiche ambientali locali, coinvolge i cittadini e ridisegna il rapporto tra comunità e risorse. In questo contesto, il riutilizzo diventa uno degli strumenti più efficaci per ridurre concretamente i rifiuti e promuovere una cultura della responsabilità.

Capannori, il laboratorio italiano dello zero waste

Tra i pionieri del movimento zero waste in Italia c’è senza dubbio Capannori, in provincia di Lucca. È stato il primo comune europeo ad aderire formalmente alla strategia “Zero Waste” nel 2007, su impulso dell’allora assessore all’ambiente Rossano Ercolini, oggi Premio Goldman per l’ambiente.

Capannori ha avviato una serie di iniziative concrete per ridurre la produzione di rifiuti: raccolta porta a porta, tariffazione puntuale, compostaggio domestico, ma soprattutto la nascita di un Centro di Ricerca Rifiuti Zero e un Centro del Riuso dove vengono raccolti, sistemati e redistribuiti gratuitamente oggetti ancora in buono stato. Nel 2023, il tasso di raccolta differenziata ha superato il 90%, e la produzione pro capite di rifiuto residuo è scesa sotto i 70 kg all’anno: un modello replicato in molti altri comuni italiani.

Reggio Emilia e la rete “Riusa e ripara”

Anche il Comune di Reggio Emilia ha puntato fortemente sul riuso per ridurre i rifiuti urbani. Il progetto “Riusa e ripara”, promosso dall’amministrazione comunale in collaborazione con cooperative locali, ha dato vita a una rete di spazi in cui è possibile donare, scambiare o riparare oggetti: elettrodomestici, mobili, vestiti, biciclette.

Accanto ai punti di raccolta sono stati attivati anche laboratori aperti al pubblico, dove i cittadini imparano a riparare gli oggetti da soli, creando nuove competenze e rafforzando il senso di comunità. Un’azione che non solo riduce lo spreco, ma promuove l’autonomia e il valore del sapere artigiano.

Trento e la prevenzione dei rifiuti

Il Comune di Trento è un altro esempio virtuoso. Attraverso il progetto “RiusaTrento”, è stato attivato un circuito di raccolta e redistribuzione di beni usati tramite il centro del riuso cittadino. I cittadini possono conferire gratuitamente oggetti in buono stato che vengono poi destinati, attraverso un sistema di voucher, a famiglie in difficoltà o ad associazioni del territorio.

Parallelamente, Trento ha attivato un sistema di monitoraggio e misurazione dell’impatto ambientale delle pratiche di riutilizzo, quantificando la CO₂ risparmiata e il volume di rifiuti evitati. Una scelta che unisce sostenibilità, equità sociale e trasparenza.

Rescaldina, dove il riuso è comunità

Nel milanese, il Comune di Rescaldina ha trasformato il suo Centro del Riuso in uno spazio sociale. Qui, il riutilizzo di oggetti non è solo finalizzato alla riduzione dei rifiuti, ma diventa occasione per integrare persone fragili, promuovere l’inclusione lavorativa, e creare coesione locale. Il progetto coinvolge cittadini volontari, realtà associative e utenti dei servizi sociali, in una rete in cui l’oggetto donato si trasforma in valore condiviso.

L’amministrazione ha anche promosso una “Carta degli oggetti riusabili”, in cui sono definite le categorie merceologiche più facilmente riutilizzabili e i criteri per l’accettazione e la distribuzione, garantendo qualità e trasparenza.

Rifiuti zero: più di una strategia ambientale

Tutte queste esperienze dimostrano che puntare al “rifiuti zero” non significa solo ridurre l’indifferenziato, ma ripensare profondamente l’organizzazione della città, il rapporto tra amministrazione e cittadini, tra economia e ambiente.

Il riuso, in questo contesto, non è un gesto individuale ma una pratica collettiva, che richiede spazi, regole, servizi e partecipazione. Un mobile recuperato, un giocattolo donato, un elettrodomestico riparato diventano segni tangibili di un cambiamento in atto, che trasforma l’idea stessa di “scarto” in risorsa.

Conclusione: il futuro passa dai comuni

Il successo delle città zero waste dimostra che una politica intelligente e partecipata sul riuso è possibile, e che i comuni possono avere un ruolo centrale in questa transizione. L’innovazione ambientale, quando è accompagnata da strumenti concreti, può generare risparmio per la collettività, riduzione dell’inquinamento, occupazione locale e coesione sociale.

Il riuso, dunque, non è solo una buona abitudine, ma una vera infrastruttura per il futuro. E in questo futuro, sono proprio i comuni virtuosi a tracciare la rotta.